La nave di Teseo

Paradosso. La Nave di Teseo.

Si narra che gli Ateniesi conservarono a lungo il vascello con il quale Teseo rientrò trionfante da Creta. Per sottrarla agli effetti del tempo, ne sostituirono progressivamente e con cura le vecchie assi in legno, ormai deteriorate, con pezzi solidi e nuovi. Sino a quando, sostituiti tutti gli elementi, della nave originale non rimase neppure il più piccolo chiodo.

Che ne è stato, allora, del vascello con il quale Teseo attraversò i mari? 

Il fatto di averne rimpiazzato ogni più piccolo componente, l’ha forse resa un qualcosa di diverso? Dopo la sostituzione di quante assi la nave di Teseo ha cessato di esistere, diventando copia identica nella forma ma non nella sostanza?

Mi chiedo quando ho smesso, per la prima volta, di essere me stesso. Quando, e per quante volte, ho sostituito tutti gli assi del mio scafo, rimpiazzandoli con nuovi e più solidi elementi. 
Superato il periodo dell’infanzia, o dell’adolescenza? Dopo nascita del primo figlio? 

Non saprei.

Quel che so per certo è che gli occhi, con i quali scruto me stesso e l’orizzonte, non sono più gli stessi di una volta. 
Solcando le onde della vita, non ho mai smesso di cambiare. Ho sempre cercato di sistemare ciò che non andava, correndo su e giù per la nave alla ricerca di ogni più piccola falla. Anelando una inarrivabile, duratura solidità.
Le assi, prima o poi, si corrodono. I chiodi si allentano. L’acqua comincia a filtrare, dapprima goccia a goccia, poi con violenza. L’ossatura della nave, che credevamo solida quanto le nostre certezze e i nostri principi, comincia a cedere. Il fasciame si sgretola, la sentina si allaga. 

Sono questi i momenti in cui dobbiamo raccogliere le forze per poter cambiare. Per trovare il coraggio di perdonare, di perdonarsi, di mettere in discussione con intelligenza i propri principi. Per cercare di comprendere, di comprendersi, di volere e volersi bene. Per fare buon uso della determinazione, dell’assertività, della rabbia costruttiva. Sostituendo tutto ciò che è logoro e non è più di capace di sostenerci come faceva prima. Integrando nello scafo, senza soluzione di continuo, ciò che abbiamo a disposizione di solido e nuovo. 
Soltanto così sarà possibile mantenere il carico al di sopra sopra della linea di galleggiamento dell’oblio.

Un carico prezioso, pesante e in continuo mutamento, custodito gelosamente nella parte più profonda e inaccessibile dello scafo. Le nostre memorie, gli affetti, i sentimenti e le emozioni. L’insieme dei ricordi, dei momenti tristi, degli attimi rubati, degli sguardi, delle ore spensierate, delle delusioni, dei successi. La famiglia.

Tutti gli amori della nostra vita.

Un carico dove, inaspettatamente, trovano posto anche le nostre vecchie assi di legno in disuso, logore e malconce, arrangiate a formare pallide e scheletriche copie del vascello. Monumenti a ciò che siamo stati, trofei per le corse al cambiamento. Diafani gusci che celebrano e immortalano la nostra storia, ciò che siamo stati e i mari che abbiamo attraversato con fatica. Bussole che indicano la rotta verso nuovi orizzonti. 
Questo è ciò che conta davvero. Ciò che ci rende davvero unici e immutabili attraverso i mari della vita, ora dolci, ora tanto violenti da squassare la chiglia.

Cambiare, per poter rimanere noi stessi.

La nave di Teseo
La nave di Teseo